Pasqua in tavola: le origini pagane e cristiane ed i simboli delle sue delizie

La pastiera napoletana

La pastiera napoletana affonda le sue origini nel mito.

Secondo la leggenda pagana, Partenope, la sirena protettrice della città di Napoli e che abitava nel golfo omonimo, ogni primavera emergeva dalle acque per allietare gli abitanti con canti di gioia. Una volta rimasero talmente entusiasti che vollero omaggiarla dei doni della natura portati da 7 fanciulle: farina, quale simbolo di ricchezza della campagna; acqua di fiori d’arancio o di altri agrumi, perché anche i profumi della terra campana volevano omaggiarla; ricotta, dono dei pastori; grano cotto nel latte, a simboleggiare la fusione tra il mondo vegetale e quello animale; uova, quale simbolo di fertilità; miele, per omaggiare la dolcezza del canto di Partenope e spezie varie, omaggio di tutti i popoli. Partenope pose questi omaggi ai piedi degli dei i quali, mescolandoli,  diedero origine alla pastiera ancora più dolce del canto della sirena.

In realtà questa leggenda si ricollega al culto della dea Demetra-Cerere, dea del grano e della fertilità della terra, alla quale le sacerdotesse portavano in dono in processione questo dolce come offerta votiva. Inoltre, il numero sette, come i sette doni, ricorda l’impianto urbano di Neapolis, con 3 decumani e i cardini che la attraversano: e sulla pastiera, 7 devono essere le strisce, tre poste in un senso e quattro nell’altro senso, a formare una grata. E allora la pastiera diventa dono della città di Napoli a Partenope e agli dei. Poi, nel XVI sec., con l’ampliamento della città fuori le mura, cambia anche il numero e la disposizione, che oggi è a rombi, delle striscioline sulla pastiera.

Alla pastiera è legata un racconto storico del regno. Si narra che Maria Cristina di Savoia, moglie di re Ferdinando II di Borbone, fosse sempre di cattivo umore e per questo era chiamata “la regina che non sorride mai”. Sorrise per la prima volta quando assaggiò una fetta di pastiera, allorchè il re esclamo’ “per far sorridere mia moglie c’è voluta la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”.

Nel XVIII sec., la tradizione culinaria della pastiera passo’ nelle mani delle suore del convento di San Gregorio Armeno, maestre nella sua realizzazione, le quali perfezionarono la ricetta che poi giunse fino a noi.